Non amo gli altri. Forse non sono semplicemente adatto
a frequentarli.
Sono tuttora quel bambino che giocava a calcio da solo
contro un muro.
E, spesso, riusciva anche a perdere. La differenza è
che ora non mi sento più in colpa. Fingo ed esibisco, come tutti,
quell’omologazione che ai molti dà fierezza e serenità. Godo, al contrario, dei
miei pensieri e delle mie azioni non ortodosse. Non mi sento superiore né inferiore.
Assaporo me stesso.
Io sono colui che non cambierà il mondo.
Diffido del sociale. Diffido di chi sacrifica troppo se
stesso a favore degli altri. Di chi sostiene che la vita è meravigliosa e che è
sempre convinto che andrà tutto bene. Diffido di chi si fida degli uomini.
Diffido di chi cerca, ad ogni costo, un senso per la sua vita. Di chi ha
bisogno di sentirsi indispensabile. Diffido dei politici che si nutrono della
gente per vivere senza lavorare.
Colui che antepone il bene della collettività a quello
personale in modo squilibrato è un uomo assurdo. Non è un santo. O forse sì. La
maggior parte dei santi lo era. Peggiore è chi vuole solo farcelo credere.
Sono pessimista, nichilista, qualunquista e come un
parassita godrò delle conquiste degli eroi. Ci vuole coraggio anche a essere
vigliacchi.
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