Barzellette, battute oscene, satira, imitazioni, parodie e
travestimenti hanno caratterizzato per secoli il momento più solenne e sacro
della vita cristiana: la Resurrezione di Cristo. Questo era il Risus Paschalis,
il riso di Pasqua, e tutto questo accadeva per iniziativa dei preti e con
l’autorizzazione ufficiale del Vaticano, durante il Medioevo. E non solo:
perché il risus paschalis, ampiamente attestato in molte chiese
cattoliche a partire dal XIII secolo, è durato per secoli, arrivando fino alle
soglie del Novecento.
La mattina di Pasqua, durante la messa della resurrezione, il
predicatore suscitava il riso dei fedeli con ogni mezzo, ma soprattutto con
gesti e parole in cui era predominante la componente oscena. Tra i vari sistemi
che il predicatore adottava per far ridere l’assemblea, c’erano l’imitazione di
animali e di personaggi grotteschi, ma anche quello di far entrare in chiesa
laici vestiti da sacerdoti, racconti di barzellette, gesti irriverenti, parole
senza senso o sconce, offese al pudore, mimo di atti sessuali, comportamenti
onanistici.
Il risus paschalis era fortemente radicato nella cultura
cristiana, tanto da essere difeso dai teologi e persino dai vescovi, e da
essere utilizzato – dopo la Riforma – sia dai protestanti che dai cattolici,
che lo usavano anche per schernirsi a vicenda.
Per poter commentare effettua il login con Facebook
SCRIVI UN COMMENTO