Al
di là di tutte le galassie, dentro i fermioni e i bosoni, prima del prima, dopo
il dopo, la ragione impedisce che si ponga il nulla, perché il nulla impedisce
l’essere: ma l’essere si pone, “è”, anche solo per la parola che lo nomina, o
per l’illusione. Se l’universo fosse un sogno, vi sarà un risveglio, o è un
sonno eterno? L’immaginazione del dormiente è libera, il possibile si spinge
più avanti, diventa gioco fantastico, persino gli scienziati ne sono
affascinati quando è così ammaliante da farsi religione. Ogni nuova scoperta o
giusta previsione della fisica non è che un gradino sormontato di una scala
infinita di fantasiose ipotesi e ciò sembra procurare smarrimento. E’ davvero
utile cercare di dare volto e nome all’inconoscibile? Non è forse meglio
accettare il trascendente indeterminato come verità ultima, perenne?
Sonnecchiare a metà strada tra scetticismo e fede, lasciarsi pervadere da una
certa indifferenza riguardo alle condizioni concrete della propria persona e
immergere l’animo in una piacevole tranquillità, non sarebbe la cosa giusta?
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