LA DEMOCRAZIA NON E' ROBA PER UOMINI


Il Re si affacciò alla finestra del palazzo. Osservò la piazza gremita di gente e disse: 
“Questo è il mio popolo!” 
Il popolo, riunito in piazza, vide il re affacciarsi alla finestra del palazzo e disse: 
“Questo è il nostro Re!”. 
Qualcuno, tra la folla, urlò: 
“Noi siamo il popolo!”.

Qualcun altro, tra la folla, rispose: “Sì, noi siamo il popolo!”.

Una voce, dal fondo della piazza, obiettò: “No, NOI siamo il popolo. Voi siete solo dei poveracci”.

“E tu chi sei?” gli chiesero.

“Io mi chiamo HOFATTOFORTUNA . Ero anch’io un poveraccio come voi, ma mi sono dato da fare e, lavorando sodo, ora sono un benestante”.

 “Io invece mi chiamo NONCELHOFATTA”.  Rispose l’altro.  “Anch’io mi do da fare e lavoro sodo, ma sono rimasto un poveraccio!”.

“Un motivo ci sarà” rispose l’altro. “Non si tratta solo di fortuna. Io sono più intelligente di te. E’ per questo che sono riuscito nella vita. Tu sei ignorante come un caprone e non puoi che continuare a vivere come un tale”.

“Tu sarai anche più bravo di me, ma, come me, devi dare i due terzi di quello che il tuo ingegno ti fa guadagnare al nostro Re, che ci guarda dalla finestra e non fa nulla tutto il giorno”.

 “Su questo sono d’accordo con te. Ma né tu ne io possiamo farci nulla”.

“Questo non è vero. Se ci uniamo potremmo costringerlo alla fuga e ci governeremmo da soli! Instaureremo la democrazia e comanderanno persone scelte da tutti noi”.

Così fecero. Il Re fu costretto alla fuga. Furono indette le prime elezioni. Chiunque si poteva candidare. Chi, però aveva un’attività ben avviata e redditizia, preferì non farlo, perché governare lo avrebbe distratto dal suo lavoro. Chi si spaccava tutto il giorno la schiena, rimanendo povero e ignorante, non aveva tempo per queste cose. Non ci capiva molto e pensò che, se avesse smesso di zappare per governare, la sua famiglia non avrebbe avuto di che mangiare. Fu così che a candidarsi e, di conseguenza, a venire eletti, furono coloro che, tra i benestanti e i poveracci, non avevano voglia di lavorare e cercavano un modo per campare senza fare fatica. Proprio come faceva il loro ex – Re. Questa gentaglia, riempendosi  la bocca di parolone come democrazia, solidarietà, progresso, civiltà e  libertà, pensava in realtà solo ai propri interessi, danneggiando coloro che avevano continuato a lavorare. Questi ultimi si accorsero che, mentre prima erano sfruttati solo dal Re, ora erano sfruttati da centinaia di fannulloni incapaci. Non era il popolo a governare, ma pochi furbi che, spacciandosi per loro rappresentanti, si erano trasformati in tanti piccoli re e tutti pretendevano di essere mantenuti nel lusso. Ecco allora che il più povero di tutti, un certo MENEFREGO, che fino ad allora si era disinteressato della vita pubblica, si infuriò, si mise a capo della rivoluzione e redistribuì la ricchezza, impoverendo i ricchi a vantaggio dei poveri. Ovviamente, durò poco perché gli ex – ricchi lo uccisero. Scoppiò allora una tremenda guerra civile tra ex- ricchi ed ex poveri che si concluse con la vittoria di questi ultimi. Questi però non raggiunsero la maggioranza assoluta dei voti e furono costretti ad allearsi con una parte degli ex ricchi in un governo di coalizione. Una volta riunitosi, il nuovo Parlamento prese all’unanimità la decisone di sciogliersi con effetto immediato e richiamare in patria l’erede al trono e cioè il figlio del Re. Appena terminò il reality in cui era impegnato nel  lontano Paese dove viveva, il giovane Re rientrò in Patria e fu incoronato in diretta a reti unificate. Da quel giorno, il grido “Viva il Re!” fu sostituito da “Meglio il Re!”. Il figlio si dimostrò, però, peggiore del padre e la prima cosa che fece fu aumentare le tasse. Scoppiò un’altra sanguinosa guerra civile che non risparmiò nessuno. Alla fine rimasero in nove. Misero subito ai voti se eleggere un nuovo Re o tornare alla democrazia. I democratici vinsero con nove voti contro un solo monarchico, il quale disse;

“Se siete veramente democratici, come dite, dovreste dare spazio anche alle minoranze, cioè a me”. 
Gli otto democratici decisero quindi di governare per cinque anni, dopo di che avrebbero passato il testimone al monarchico che era quindi rimasto anche l’unico a fare parte del popolo e litigarono continuamente per spartirsi le tasse dell’unico contribuente. Alla fine del mandato, il monarchico, appena salito al potere, si autoproclamò Re e abolì il Parlamento, mandando gli otto democratici in esilio. Dopo alcuni anni, il Re, senza popolo, morì di fame. Nella lontana isola deserta dove furono esiliati, gli otto democratici costituirono un “governo ombra” all’interno del quale ci fu chi pretese, prima di accordarsi sul programma, di risolvere il problema delle riforme costituzionali. Un giorno, in seguito ad uno spaventoso maremoto, l’isola sprofondò con tutti i suoi otto abitanti. I naviganti di passaggio, videro per un po’ di tempo delle piccole bolle sulla superficie del mare. Erano gli otto democratici che, presi dalla discussione, non si erano accorti di essere finiti sott’acqua e stavano ancora discutendo. Poi più nulla.