LA VITA E' EROICA


Che senso ha la vita se poi si muore?

Noi progettiamo la nostra esistenza per darle un senso. La morte è la negazione di questo senso. Di fronte alla probabilità che la nostra vita terrena non abbia un senso, vogliamo almeno che la morte sia qualcosa di più. Pensiamo alla morte come conclusione di un progetto. Esaltiamo la bella morte, quella delle circostanze eroiche, la morte per ideali. Abbiamo creato il mito delle parole in punto di morte. Le parole pronunciate prima di morire dovrebbero riassumere il senso della nostra esistenza. Ci sono molti aneddoti di personaggi storici che in punto di morte avrebbero pronunciato parole decisive, memorabili o verità lapidarie. Questo dimostra il desiderio umano che la morte non sia un insensato avvenimento, ma il fine dell’esistenza, il suo giusto compimento. Nella realtà, invece, la morte accade spesso all’improvviso e in modo banale. Nel finale de Il Processo di Kafka, il protagonista K. senza nessuna spiegazione che giustifichi la sua condanna a morte (spiegazione che lui cerca per l’intero romanzo) viene ucciso «come un cane». E’ vero che con la morte la vita ha compimento, ma mai quello desiderato. Ecco il destino che la bella morte e le parole in punto di morte vogliono nascondere! Non vogliamo capire che, anche la vita, nella sua inspiegabilità, è assoluta come la morte. Il nostro senso comune ha bisogno di certezze e una delle più importanti è che la vita sia opposta alla morte. Così fantastichiamo di mondi oltre la morte, luoghi in cui trionferà il bene, in cui potremo ritrovare chi abbiamo perso e così via, mentre è chiaro che la morte non è un trapasso sereno verso un’altra forma di vita, ma un’angosciante fine assoluta. La morte è tragica come lo è una vita istintiva ed ostinata nonostante sia priva di qualsiasi spiegazione. Accettare l’accadere casuale della morte significa accettare anche la mancanza di senso dell’esistenza.

Ecco la verità tremenda, ma anche sublime, che non vogliamo vedere, della nostra condizione!

Questa verità è rivelata dal sentimento di angoscia che tutti proviamo e che ci permette di capire che il sentimento della morte può dare forza alla vita e renderla autentica. L’’intensità dell’esistenza non consiste forse nel fatto di essere effimera, mortale, finita, ed aver come destino quello di infrangersi come un’onda? Solo la vita e la morte sono alla nostra portata, per cui tutto ciò che creiamo, conosciamo, costruiamo è destinato a finire e scomparire nel nulla. Perché ricorrere ancora alla finzione dell’eterno, quando un amore è grande e commovente solo se ha l’oscura intuizione di dover necessariamente finire? Quando una vita può essere piacevole anche senza arrogarsi il diritto di avere un senso superiore e si consuma nel semplice susseguirsi delle proprie azioni e sensazioni? Quando una vita è eroica solo se guarda in faccia il proprio destino e affronta senza illusioni il viaggio, con la consapevolezza del naufragio?