Gli dèi sumeri sono litigiosi,
vendicativi, egoisti e privi di scrupoli. Decidono di creare gli esseri umani
affinché questi lavorino per loro sulla terra. Per non sporcarsi le mani. Così
la dea chiamata Mammu – madre di tutti gli dèi – crea il primo uomo e la prima
donna, Adamo ed Eva di Sumer. E all’inizio tutto sembra ancora andare per il
meglio. Gli dèi fanno la bella vita, gli esseri umani lavorano e si
moltiplicano. Anche troppo.
Dopo 1200 anni si sono talmente
moltiplicati, il loro numero ha raggiunto una cifra talmente alta, da diventare
insopportabili. Gli dèi si lamentano, soprattutto Enlil. Le creature della
terra fanno troppo rumore, racconta l’“Atrahasis“. Disturbano. Bisogna
eliminarle. Enlil manda sulla terra Namtar, dio dell’oltretomba, con il compito
di far morire l’intera razza umana di freddo. Un’idea che fa pensare, senza
dubbio, all‘eco delle grandi Ere glaciali del Paleolitico. Ma ecco che entra in
gioco il dio Enki il quale, mosso da pietà, suggerisce al suo sacerdote
Atrahasis (più noto con il nome di Ziusudra) di volgere tutte le sue preghiere
al vanitoso Namtar. Atrahasis esegue e Namtar, compiaciuto, smette di uccidere.
Il piano di Enlil è fallito.
Al momento nessuna reazione del dio
deluso. Ma dopo altri 1200 anni, Enlil si ritrova nella medesima situazione: il
clamore degli esseri umani è talmente molesto, da non farlo dormire.
Incollerito, Enlil manda una nuova piaga sulla terra: la siccità. Ancora una
volta interviene Atrahasis con le sue preghiere rivolte alle divinità
portatrici della piaga. Quelle lo ascoltano, si impietosiscono e di nuovo la
calamità giunge al termine.
A quel punto Enlil non ne può proprio
più. Convoca tutti gli dèi a rapporto e li convince a promettergli di non
intromettersi mai più tra lui e gli esseri umani. Poi decide di scatenare sulla
terra il diluvio universale. E questa volta la catastrofe giunge direttamente
per mano di Enlil, non si può evitarla né porvi fine.
Enki, fedele al suo buon sacerdote,
avvertì Atrahasis dell’imminente catastrofe e gli spiegò che doveva essere
pronto a rinunciare alla propria casa e a tutti i suoi beni, a costruire
un’imbarcazione di forma cubica, completamente impermeabile e chiusa, sia sopra
che sotto. Per sette notti Atrahasis avrebbe dovuto ospitare nella sua
imbarcazione animali, pesci e uccelli. Dunque Atrahasis costruì l’arca. Poi
invitò amici e parenti a un grande banchetto. Non appena vide che il cielo si
riempiva di nuvole, intimò a tutti di salire nell’arca, quindi la sigillò per
bene con della pece. Quando i venti iniziarono a soffiare con forza, Atrahasis
tagliò la gomena e l’imbarcazione prese a galleggiare, sbattuta di qua e di là
dalle onde del diluvio. L’arca raggiunse il monte Nisir e si fermò. Al termine
dei sette giorni Atrahasis mandò tre uccelli fuori dall’arca: una colomba, una
rondine e un corvo. Il corvo non tornò più indietro e il re-sacerdote capì che
il diluvio era finito. Atrahasis allora uscì dall’arca e presentò delle offerte
agli dèi. Questi scesero giù, fin sull’altare. Enlil era infuriato con Enki che
aveva salvato la razza umana. Per ripristinare la pace, Enki fece sì che gli
esseri umani perdessero il dono dell’immortalità e vivessero soggetti a dolore
e morte. D‘ora in poi, molte donne della terra dovevano perdere il dono della
fertilità, di modo che ci fosse una sorta di controllo delle nascite e il
genere umano non potesse moltiplicarsi con tale velocità, come aveva fatto fino
a quel momento. Soltanto allora Enlil ed Enki fecero la pace.
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