Novecentonovanta anni dopo il diluvio,
dal settantenne Terah nacque Abramo, decimo discendente di Noè.
Abramo aveva due fratelli: Nachor e
Aran. Quest’ultimo morì a Ur, una città della Caldea nel sud della Mesopotamia,
lasciando il figlio Lot e le figlie Sara e Melca.
Erano tempi duri. La terra era ancora
scarsamente abitata. Occasioni di conoscere donne con le quali mettere su
famiglia erano rare. Fu così che Nachor e Abramo risolsero il problema sposando
rispettivamente Melca e Sara, le loro nipoti.
Il vecchio Terah allora s’immalinconì e
decise di trasferirsi al nord, nella città di Harran dove finalmente morì,
probabilmente di noia, all’età di duecentocinquanta anni. Dopo di lui Dio
decise di revisionare la sua creatura, ritenendo che la durata dell’uomo fosse
eccessiva e, dopo vari tagli, decise che la speranza di vita ottimale per un
essere umano fosse quella di Mosè, cioè centoventi anni. (Salvo ulteriori
revisioni al ribasso). Nachor si rivelò un riproduttore eccezionale. Sua
moglie/nipote Melca partorì otto figli: Ucso, Baucso, Matuel, Cazam, Azau,
Iadelfa, ladaf, Batuele. Nel tempo libero, poi, fece altri quattro figli con la
concubina Ruma: Tabai, Gadam, Teau e Maca. Il povero Abramo, al contrario, non
riusciva ad avere figli con la moglie/nipote Sarra e fu allora che nacque il
famoso motto:
“A chi troppo e a chi niente!”
Abramo si guardò intorno, ma sempre a
causa della scarsa densità di popolazione di allora, o forse solo per pigrizia,
decise di adottare Lot, figlio del defunto fratello Aran e fratello di Sara.
Quindi, ricapitolando, Abramo sposò sua nipote e adottò come figlio il fratello
di questa, per cui: Sara era moglie e nipote di Abramo. Lot era nipote e
figlio adottivo di Abramo. Sara era madre adottiva di suo fratello Lot. Quando
Abramo compì settantacinque anni, Dio gli ordinò di lasciare la Caldea e di trasferirsi nella vicina Cananea, nella
speranza, forse, che la sua famiglia conoscesse altre famiglie con le quali
mescolare un po’ il sangue, temendo che ulteriori intrecci tra consanguinei diventassero
sempre più pericolosi, nonché sconvenienti. Abramo raccontò di avere udito la
voce di Dio che gli disse:
“Quanto a me, ecco, la mia alleanza è
con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più
Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti
renderò”.
Abramo avrebbe voluto rispondere molte
cose. Prima di tutto che un’alleanza non può essere coercitiva e quindi avrebbe
anche potuto rispondere che la cosa non gli interessava poiché la riteneva un
tantino impegnativa. In fondo, a lui sarebbe bastato avere un figlio suo, come
quello stallone di suo fratello Nachor. Poi che cambiare il nome da Abram ad
Abramo non gli sembrava uno sforzo di fantasia degno di un Dio e che a lui
sarebbe piaciuto tanto chiamarsi Brad. E, infine, che trovava quella frase
ripetitiva. Tuttavia si rese conto che era Dio ad avergli parlato e pensò quindi
che non era il caso di contraddirlo. Inoltre, la sera prima aveva fatto
indigestione di carciofi e non era poi così sicuro di aver sentito davvero la
voce di Dio ma, per sicurezza, decise di ubbidire.
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