Le masse hanno bisogno di idoli. Di qualcuno
immensamente migliore di loro da poter ammirare e invidiare, altrimenti il loro
senso di inadeguatezza alla vita non avrebbe ragione di essere. Che sia Dio,
Hitler, Kennedy, Senna, l’Atalanta, Marilyn Monroe, Che Guevara, o Carlo
Cracco. Fino a qualche anno fa, il cuoco, per le masse, era, nella scala delle
priorità, molto meno importante dell’idraulico o dell’imbianchino. Il cuoco era
quel signore grasso col grembiule bianco un po’ macchiato, che viveva segregato
nelle fumose cucine di modeste trattorie, eleganti ristoranti o caotici hotel
turistici. Poco importava se fosse il proprietario o un dipendente. Era
comunque un lavoratore come tanti. Poi, qualcuno ha deciso che la massa avesse
bisogno un nuovo idolo, ha pescato dal mazzo, ed è uscito “il cuoco”. Così, La
massa, alla fine della solita giornata di merda, accende il televisore e guarda
“Masterchef” credendo di divertirsi, di rilassarsi e non si accorge che,
qualcuno, la sta ulteriormente avvelenando di stress. Qualcuno ha deciso che il
cuoco non deve più essere grasso, perché il grasso ispira troppa bonarietà. Il
cuoco deve avere la faccia seria di Carlo Cracco che ti spia dai furgoni delle
patatine San Carlo come il Grande Fratello di Orwell. Cucinare non deve più
essere un innocente passatempo o una semplice necessità, ma una gara per la
vita o la morte. Se poi i cuochi sono tre, tanto meglio. La Trinità, sulla
massa, ha sempre il suo effetto. Padre, Figlio e Spirito Santo, Marx, Lenin e
Stalin, Gullit, Rijkaard e Van Basten, i Tre Tenori, la Triade cinese e via
dicendo. (Non consideriamo Cannavacciuolo che è una specie di divinità
regionale (un po’ come Padre Pio). Mia madre cucinava cantando le canzoni delle
mondine. Cucinava per mangiare. A Masterchef si cucina per vincere. Perché è
così che, qualcuno, vuole che le masse percepiscano la vita. Una gara, una
sfida, una competizione che non ha mai fine, ma, soprattutto una gara truccata,
dove non vince, realmente, mai nessuno. Una gara che distragga le masse e che
consenta a qualcuno, nella reale realtà, di essere sempre il vero vincitore.
Chef significa Capo, ma ha una pronuncia troppo dolce. Meglio metterci davanti
Master, che vuol dire la stessa cosa, ma fa apparire il nome più autoritario,
simile ai comandi in tedesco che si usano per addomesticare i cani o, volendo
spingersi oltre, a Masterchef macht
frei! I concorrenti, anche quando sono duramente redarguiti, se non insultati,
per aver sfilettato male il pesce, rispondono sempre:
“Sì, Chef!” “Ha ragione, Chef!” “Ho
sbagliato, Chef!” “Sono una merda, Chef!” “Grazie per avermelo fatto capire!”
“Oggi sono stato giustamente eliminato, ma non ho perso. Ho imparato una
lezione di vita che mi sarà preziosa per il futuro. Da domani sarò una persona
diversa”. “Lo so che meriterei la fucilazione per aver grattugiato il
parmigiano sugli spaghetti, ma la Trimurti Culinaria, nella sua infinità bontà,
si è limitata a darmi del coglione davanti ad altri milioni di coglioni come me
e a risparmiarmi la vita. Giuro che insegnerò ai miei figli che l’importante
nella vita non è vivere in un Paese governato da gente almeno decente. Non è
trovare un lavoro almeno decente. Non è avere un’assistenza sanitaria almeno
decente.
Se mio figlio non imparerà che il
formaggio va mangiato a scaglie con un bianco frizzante per una questione
complessa relativa al latte di montagna, sarò io stesso a precipitarlo giù
dalla Rupe Tarpea.
Grazie per avermi insegnato che una vita
senza stress non è vita. Che bisogna sudare freddo anche mentre si fa bollire
la pasta, si cuoce la bistecca o si condisce l’insalata!”
Dopo Masterchef, chiunque si appresti a
mangiare un qualsiasi piatto, per spirito di emulazione, si sentirà Carlo
Cracco nel giorno del Giudizio Alimentare. E siccome non c’è mai limite al
peggio c’è anche Junior Masterchef. Bambini e bambine gareggiano, già plagiati dalla Nuova Religione Culinaria,
con la stessa esaltazione dei soldati-bambini del Medio Oriente. Tutto questo
mentre, in un angolo nascosto, qualcuno sogghigna soddisfatto e declama il suo
motto:
“La guerra è pace, la libertà è
schiavitù, l’ignoranza è forza”.
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Ciao Lorenzo, ti do del tu perché hai lo stesso nome di mio figlio, scusami per questo, ma da come ti leggo ti vedo molto giovane e inesperto...io ho 38 anni, ho creduto, cronologicamente, a Dio, al Che, a Senna....ho 38 anni e sono di questa generazione...ed ancora credo...credo negli ideali, credo nella vita, nella sua difesa e nei suoi diritti, credo che gli uomini (soprattutto i bambini) vengano prima di ogni specie protetta, credo che dare soldi ad un mendicante sia meglio che darli ad un rifugio per animali...ora...accanirsi contro un programma culinario che niente da e niente toglie, semplicemente da svago a coloro che lo seguono e competizione a coloro che lo svolgono, non lo vedo utile...soprattutto visti i palinsesti a nostra disposizione...ragazzi e ragazze che vogliono essere tronisti, figli che portano in tribunale genitori, genitori che per riappacificarsi con i figli mandano loro "posta", boh...a me non sembra il peggior scenario descrivibile della televisione italiana...per non parlare dei social...gente che si indegna per gli animali segregati nei canili, ma non si fa scrupolo a chiudere la vecchina di casa nell'ospizio...gente che spende mila euro in cibo per cani, ma non dona nulla alle associazioni umanitarie..gente che si indegna per le adozioni gay, ma non rinuncia al caffè al bar per sostenere un'adozione a distanza...ora, il problema è davvero un programma culinario?
Ciao Simona, il problema non è il programma culinario, ma il modo in cui è fatto. Non ti sembra che ci sia già abbastanza stress nella vita reale per vedere una persona piangere per aver sbagliato a sfilettare un pesce?
Non c'è già in giro già abbastanza competizione che ci fa vivere male? Perchè la gara deve essere portata a livelli così estremi? Cucinare bene un capocollo non deve essere questione di vita o di morte. Nei social la gente s'indegna anche contro chi, secondo loro, non ha cucinato bene nell'ultima puntata. Ti pare il caso? C'è poi davvero bisogno di quei giudizi volutamente sprezzanti dei giudici?
Non sono ne giovane ne inesperto. Infatti mi ricordo di un programma della Rai del 1974 con Ave Ninchi e Luigi Veronelli che si chiamava "A tavola alle 7". Chef famosi, amatori, casalinghe, con l’inevitabile corollario di vip si sfidavano ai fornelli. I tempi di realizzazione della ricette erano quelli veri, e mentre nelle cucine si spadellava, dall’altra parte dello studio si chiacchierava di cibo con ristoratori, personaggi dello spettacolo, proponendo piccoli quiz sull’alimentazione. Quello sì, era un bel programma culinario.
....ottima risposta da parte tua...