QUANDO SAN PIETRO E SAN PAOLO FECERO A BOTTE


Gli apostoli Pietro e Paolo non vissero quasi mai assieme. Dopo la morte e resurrezione di Gesù, Pietro si stabilì a Gerusalemme, dove visse in segreto capeggiando la comunità di fedeli assieme a Giacomo e Giovanni; Paolo era un persecutore che si convertì qualche anno dopo sulla via di Damasco. Che cosa accadde tra i due, quando Paolo tornò dall’Arabia? Basta leggere la Lettera ai Galati.

Chiamato da Dio per annunziare il Suo evangelo, Paolo sente la necessità di vedersi riconoscere il proprio operato e la propria autorità dai fratelli di Gerusalemme – i capi della nuova setta che in seguito prenderà il nome di cristianesimo – testimoni della passione, della morte e della resurrezione di Gesù, mentre Paolo può giustificarsi esclusivamente con la chiamata di Damasco. Dopo 15 giorni di discussione, Pietro, Giacomo e Giovanni lo accettano.

Dopo 14 anni di viaggi e predicazioni, Paolo torna a Gerusalemme “per timore di correre o aver corso a vuoto” (Gal 2,2). Mentre Pietro e gli altri, infatti, si attengono alle pratiche ebraiche in materia di culto, Paolo è un rivoluzionario: in particolare, i primi praticano ancora la circoncisione e la considerano l’unico strumento di accesso alla fede in Gesù; Paolo, invece, pensa se ne possa fare a meno e predica di effettuare una “circoncisione del cuore”, vale a dire il battesimo con l’acqua, superiore alla circoncisione carnale perché quest’ultimo si svolge nello spirito. Trovato nuovamente un accordo – Pietro evangelizzerà gli ebrei (circoncisi), Paolo i gentili (non circoncisi) – ufficializzato da una stretta di mano, Paolo torna alla propria opera di predicazione, con la clausola che “dovevamo ricordarci dei poveri, e fui sollecitato a farlo” (Gal 2,10). In altre parole, i fratelli di Gerusalemme riconoscono l’operato di Paolo a patto che questi invii loro le collette raccolte durante l’evangelizzazione. “Ma quando Cefa venne ad Antiochia, lo contestai in faccia, poiché si era esposto a un’accusa” (Gal 2,11).

Infatti, dopo il Concilio di Gerusalemme, il secondo, accade ad Antiochia un fatto importante. Paolo e Pietro mangiano nello stesso tavolo in presenza di non circoncisi – spezzano il pane e rendono grazie – ma quando arrivano alcuni inviati di Giacomo – il capo della nuova setta in quanto fratello di Gesù – Pietro si alza e cambia di posto, sedendo con i circoncisi, timoroso di essere visto a tavola con i non circoncisi. Di fronte a questo gesto, come si dice da queste parti, Paolo non vede più dagli occhi perché si rende conto che quel fatto rappresenta il non riconoscimento della sua autorità, del suo operato, del suo evangelo. Per questo motivo, “contesta in faccia” Pietro e, molto probabilmente, tra tavoli e sedie che volano all’aria, le due colonne della cristianità arrivano alle mani. Da allora, diversamente da quando si riporta negli Atti – una biografia romanzata di Pietro e Paolo, risalente al II sec. d.C., mentre le Lettere di Paolo sono state scritte tutte tra il 50 e il 60 d.C. – i due non si rivolsero più la parola né s’incontrarono più, fuorché idealmente nel martirio e nella morte. Malgrado ciò, la tradizione iconoclastica li raffigura sempre insieme e oggi si continua a festeggiarli assieme il 29 giugno di ogni anno.