La gente si camuffa ed esce di casa, perché, là fuori, non bisogna farsi riconoscere. Che nessuno sappia la reale versione dei fatti. Ognuno interpreti la sua parte e tutto andrà per il meglio. O per il meno peggio possibile. Non ne sono esente. Anch’io non vorrei essere visto nudo, almeno in questo senso.
Vedo
la collega che sceglie accuratamente il look, che ora però si chiama outfit e
che, nella preistoria dei miei anni, chiamavano abbigliamento. Che sia
perfetto. Non sia mai che possa apparire suscettibile di critica da parte
dell’altra collega. Se si hanno belle gambe la gonna è corta anche d'inverno. Se la faccia non è un granché meglio nasconderla sotto
molti capelli e un generoso trucco. Un volta al sicuro dentro la propria
armatura è pronta al duello con l’altra. Non si vedono, non si guardano. Si
scrutano, si scannerizzano, si TACherizzano fino a che viene scoperta una
microscopica ricrescita in una e una tetta appena cadente nell’altra. (Oppure
troppo issata da un maldestro push up). Uno a uno, palla al centro. Io vedo le
loro facce e lì c’è scritto tutto. Sui loro lineamenti scorre il film della
loro vita. Leggo trame che, al confronto, il neorealismo di Rossellini sembra
una favola di Disney. Vedo i muscoli del viso contrarsi nervosamente. Facce che
vorrebbero ammiccare, sorridere, anche ridere di gusto. Oppure piangere o
immalinconirsi, ma non riescono più a farlo in modo naturale. Perché su quelle
facce, anzi su tutto il loro corpo, si è accanita la vita. A volte in modo
brutale, altre in modo più invisibile, ma altrettanto devastante. Perché è così
che succede. Puoi essere investito da un tram, o avere una goccia che ti cade
in testa ogni secondo, senza che tu te ne accorga, fino a scavarti il cervello.
Vedo nelle loro facce quelle dei pugili suonati che vanno davanti alle
telecamere coi lineamenti tumefatti e si sforzano di sorridere per dimostrare
che non stanno sentendo il dolore. Ma le loro labbra non ne vogliono sapere di
ubbidire, trasformando quelli che volevano essere sorrisi in smorfie.
Alcune
di queste, sono talmente scavate che non è più possibile nasconderle. Vedo
gente col sorrisetto perenne anche quando la stanno operando senza anestesia.
Vedo gente con la fronte corrucciata anche quando è profondamente addormentata.
Poi mi guardo allo specchio e, ogni volta, non mi riconosco. La cosa più
difficile è vedere nudi sé stessi.
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finalmente eccomi da te, a casa tua. Hai arredato bene il tutto ed e' molto carino ma soprattutto si respira la tua storia, il tuo percorso, il tuo odore. Per me che un po' ti conosco e' normale sedermi qui in salotto da te, il tuo blog e' comodo, pieno di quell'ironia apparentemente cinica che invece scalda come una comoda coperta. Come ogni artista offri molto , una vita intera ! Passero' a trovarti piu' spesso in fondo abiti solo un pensiero piu' in la'. Un abbraccio Vitur
...molto bello...davvero....